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Un presidente sorridente ha inaugurato un meeting elettronico in cui ci siamo collegati con Marco Landi, nostro Premio Columbus e – come ha ricordato Monique Kraft – uno dei manager italiani di maggior successo nel campo delle tecnologie proprio in quell’America competitiva che negli anni 80 e 90 ha deciso il futuro dell’informatica. Sarà ancora così? Non è detto perché nella sfida dell’intelligenza artificiale ci sono altri attori, a cominciare dalla Cina e, in una certa misura anche la Russia, il cui leader V. V. Putin ha dichiarato tempo fa: Chi domina l’intelligenza artificiale dominerà il mondo.

Landi si domanda che uso si farà delle nuovissime tecnologie, positivo o negativo? E lo sconvolgente cambiamento sociale come troverà l’Europa? Forse impreparata giacché non appaiono all’orizzonte quei grandi progetti, industriali in primo luogo, che ne determinarono il successo al tempo della CECA, dell’Airbus e del GSM, tutte eccezionali idee comuni dell’Europa che oggi invece rischia di farsi colonizzare tecnologicamente. Capire l’intelligenza artificiale diventa in questo quadro assolutamente primario.

Landi la definisce “una continuazione della filosofia con altri mezzi per capire e imitare il funzionamento del cervello”. Perché la macchina apprende ciò che noi le diciamo, accoglie e gestisce i dati di tutti noi ma li mette a disposizione non solo degli utenti ma anche di chi controlla la tecnologia. Gli americani ci fanno affari d’oro ma gli altri? Vorranno imporci qualcos’altro? La risposta è semplice e nello stesso tempo così lontana dall’Europa di oggi: occorre un grande progetto dove tutti lavorino raggiungendo un obiettivo che definisca una rinnovata fantasia. Non è solo tecnica ma una questione di giustizia ponendo al centro l’uomo, etica e valori e non continuando a credere che con i giganti totalitari sia possibile lasciarsi andare.

Landi lo ha riassunto in una preoccupante vignetta (qui a destra, sotto il relatore in diretta dalla Francia).

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Dopo il periodo più duro del confinamento il turismo prova a ripartire, con gli italiani che iniziano a sognare le ferie in una babele di regole e divieti, tutta ancora in fase di definizione e legati alla riapertura degli spostamenti interni forse dopo il 3 giugno. La questione riguarda anche il turismo estero, così importante per Firenze.

Dalla stessa data dovrebbe essere possibile venire in Italia (senza quarantena) per tutti coloro che risiedono nell' area Schengen e in Gran Bretagna. La Svizzera e l’Austria, paesi chiave per il transito, non hanno però ancora sciolto le loro riserve non si sa quando riapriranno le frontiere verso sud mentre la Gran Bretagna consente libertà di viaggio ma impone 14 giorni di quarantena a chiunque rientri nel Paese.

La lotta per assicurarsi turisti in luoghi sani e gradevoli non sarà meno forte. Il Giappone – mentre l’Italia si dibatte nel complicato e scarso credito d’imposta chiamato voucher vacanze – ha fatto sapere di dimezzare il costo del viaggio aereo e regalare almeno una notte ai turisti che sceglieranno il Paese del Sol Levante. Anche altri Paesi hanno impostato attrattive campagne che si attendono anche per l’Italia, pena una lunga crisi del settore che alberghi chiusi e ristoranti vuoti attestano anche oggi. Sui prezzi è probabile che il contatto diretto con gli esercenti, alberghi e altre strutture proporranno offerte molto migliori delle grandi piattaforme che hanno costi di intermediazione elevati. Bloccati intanto la gran parte dei viaggi di lavoro che pur consentiti vengono però in maniera crescente sostituiti da riunioni vai internet. Lo stesso accade anche per congressi e riunioni come dimostra il Rotary stesso.

A fianco delle politiche di vendita tutte da rivedere, molta attenzione hanno dato i soci intervenuti nel dibattito alle vicende di rimborsi di viaggi disdetti e di come sarà il turismo del futuro. Arioli ha risposto a tutti con competenza e pacatezza, dimostrando una grande oggettività nonostante il difficilissimo periodo e ha sottolineato il ruolo delle agenzie di viaggio e di un ritorno progressivo ma lento ad un rinnovato approccio al turismo, la cui importanza per il Paese e il mondo intero è ben nota.

Caminetto telematico organizzato dal Rotary Club Firenze Sud in Interclub con molti Rotary dell’Area Fiorentina sul tema “Il 2 giugno fra referendum e costituente” affidato al prof. Cosimo Ceccuti, già ordinario presso la Facoltà di scienze politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, Presidente della Fondazione Spadolini - Nuova Antologia e direttore della rivista “Nuova Antologia”, dalla cui sede era collegato con gli amici presenti. Presieduta da Piero Germani del RC Firenze Sud la riunione, dalle 18:30 alle 20:30, presenti molti presidenti e soci di tutti gli RC dell’Area Fiorentina ha raccolto 97 persone in videoconferenza.

Per il Firenze Est sono intervenuti il socio onorario E. Giani e gli amici Antich – Cortigiani – Ermini - Isler - Manetti - Monaco - Reali - Selleri - Spagli; totale 10. Hanno gentilmente segnalato l’assenza: Arioli - Azzaroli - Cesaro - Cheng – Cobisi – Nesi – Tulini.

Il prof. Ceccuti ha ricordato il 2 giugno 1946, l’ansia dei giorni seguenti in attesa dei risultati del referendum e un’Italia divisa, col Nord repubblicano tranne il Piemonte, Sud e Isole per la Monarchia e Roma indecisa. Ma alcuni partiti avevano le idee chiare (sinistra e destra) e anche la DC – che pure aveva elettori divisi – di fatto propese per la Repubblica, sebbene De Gasperi evitasse di prendere una posizione ufficiale e lasciò liberi i propri elettori. Solo il 18 giugno la Cassazione dichiarava la vittoria della Repubblica ma De Gasperi aveva già assunto i poteri della transizione non lasciando a Re Umberto II che la via dell’esilio, sopportato con dignità e coraggio per 37 anni fino alla morte. In Italia intanto l’assemblea costituente eleggeva il prof. de Nicola, monarchico, capo provvisorio dello Stato. Si poneva mano alla scrittura della legge fondamentale con 556 deputati di cui DC 207, socialisti 115, comunisti, 104 dell’Unione Democratica e Qualunquisti.

Altri piccoli partiti completarono il quadro sulla base di un sistema strettamente proporzionale. L’alba della Repubblica non è facile ma l’Italia compirà in due anni – la Costituzione entrerà in vigore il 1° gennaio 1948 – scelte decisive: accettare il Trattato di Pace, entrare nel Piano Marshall e schierarsi a occidente, escludendo i comunisti dal governo; riconoscere l’autonomia della Sicilia e accordare uno statuto speciale all’Alto Adige in accordo con l’Austria. Se ci pensiamo bene quanto accade oggi è sempre in qualche modo conseguenza di quanto successe allora. Questo anche il senso della festività.

Dignità dello studente, passione del docente, disponibilità effettiva di mezzi tecnici e aggiornamenti specifici. Queste in sintesi gli obiettivi dell’analisi che il prof. Rodolfo Cigliana ha esposto valutando l’esperienza della didattica a distanza, con cui le scuole italiane hanno cercato di sopperire al confinamento da Coronavirus. Cosa è mancato è sotto gli occhi di tutti. Indecisione e balbettii della politica che ha finito per confinare la scuola e i giovani dietro a un progetto non coordinato. Frequentare in epidemia sarebbe stato troppo rischioso ma il computer non è scuola al 100 per cento.

L’ISTAT, lo scorso 6 aprile, è stato chiaro. I ragazzi hanno poco spazio a casa e un terzo di loro non ha un vero accesso a internet, al computer o almeno a un tablet o smartphone. Il sovraffollamento abitativo – solo il 18,6 per cento delle famiglie hanno due o più computer - si è rivelato davvero un problema e – attenzione – gli studenti si son scoperti più diseguali, quasi un neo-classismo elettronico, tra chi ha e chi non ha. Eppure, altra statistica, il 72 per cento degli studenti sentiti in un sondaggio ama apprendere col computer anche se la voglia di studiare non aumenta, anzi.

Contraddizioni che il ministro I. Azzolina non ha fugato come del resto è ancora nel vago il ritorno a scuola a settembre, quando alla paura della malattia si sommeranno i rischi giudiziari perché l’Italia è fatta così, a scaricabarile. 8 milioni di studenti stanno per lo più in vecchi conventi, come accade ai licei classici fiorentini - con banchi e aule per lezioni tradizionali e parametri di edilizia scolastica fermi al decreto ministeriale 18.12.1975 che assegna a ogni studente delle superiori uno spazio in aula 1,96 metri quadrati, cioè 49 metri quadrati per 25 alunni con buona pace del distanziamento.

Così la sicurezza fa paura anche di fronte a elementari presidi, come le mascherine. In 280 gg. per 8.000.000 di studenti occorrono almeno 224.000.000 mascherine più quelle per gli insegnanti e il resto del personale. Ancora una avanti ognun per sé… Intanto, la notizia è di oggi, lo stesso ministro I. Azzolina annuncia in parlamento che i privatisti, dal 10 luglio dovranno sostenere una prova di idoneità in presenza ma l’esame vero e proprio lo faranno a settembre in data ancora da definire.

Anche da qui il nostro dibattito, protrattosi fino alle 20.30, ha sollecitato Rodolfo a importanti riflessioni che possiamo riassumere, con una frase recente del filosofo Cacciari, che criticando l’ingenuità informatica ha precisato come ‘’dare superficialmente per assodata l’intercambiabilità fra le due modalità di insegnamento – in presenza o da remoto – vuol dire non aver colto il fondamento culturale e civile della scuola, dimostrandosi immemori di una tradizione che dura da più di due millenni e mezzo e che non può essere allegramente rimpiazzata dai monitor dei computer o dalla distribuzione di tablet”.

Il nostro dibattito è ormai nazionale ma le carte geografiche del governo sono in tutta evidenza di un altro Paese.

Mentre il nostro relatore parlava, il maggior quotidiano economico nazionale titolava nel suo sito “La Bce non delude: potenzia il Qe pandemico con altri 600 miliardi e lo proroga di almeno 6 mesi - Mes, prestito a costo “negativo” per il contribuente - Comprati 37,36 miliardi di BTp in due mesi‘‘. Un segno evidente dell’attualità ma anche della necessità di questa riunione, per orientarsi nelle vicende finanziarie, tutte intorno al ruolo dell’Europa e delle sue istituzioni, della fase di ripartenza dopo la più dura stagione della pandemia.

Con la sua esperienza e la pacatezza che lo contraddistingue Divo Gronchi si è districato tra azioni della BCE e dell’Unione Europea, con le controverse misure SURE e il MES fino alle ultime proposte di Next Generation. Gronchi è favorevole al MES, sia per la destinazione che per le opportunità, riassunte in interessi negativi e anticipazione delle future misure ancora oggetto di avvio di trattative. E qui sta il punto: come tratterà l’Italia in Europa? Ce la farà, perché, tra l’altro, l’Italia serve agli altri Paesi, come manifattura e come mercato.

Prima del dibattito, protrattosi ben oltre la mezz’ora, Gronchi ha svolto una importante considerazione sulla necessità di interventi sulle infrastrutture, dalle ferrovie alle reti informatiche. E‘ qui che si gioca il futuro del Paese insieme con le semplificazioni, di cui tuttavia non ha nascosto la difficoltà di attuazione con una catena di responsabilità che, anche nel mondo bancario, inquietano chiunque, anche chi cerca solo di applicare le norme con senso del dovere.

 

Gianni Cortigiani ha affrontato la compatibilità dei vari decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Presidenti delle Regioni con la nostra Costituzione e le libertà, i diritti che garantisce.
Premettiamo che – dopo la dichiarazione di stato d’emergenza sanitario del 31 gennaio scorso come intervento di protezione civile della durata di sei mesi - il Decreto Legge n. 6 del 23 febbraio 2020 ha inaugurato una serie di analoghi provvedimenti, i successivi tutti ben limitati nel tempo e nelle prescrizioni, dedicati alle misure di contenimento del virus, con i conseguenti blocchi agli spostamenti e alle libertà economiche.

Demandata al presidente del Consiglio dei ministri l’applicazione delle norme, ecco apparire gli ormai famosi DPCM (decreti del presidente del Consiglio dei ministri) adottati su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale. In tale quadro le possibilità di conflitto con la Costituzione non mancano.