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Fondatore di CircularCamp, un’associazione di sostegno all’economia circolare, il dott. Sciadini consapevole che –come è stato per normali norme igieniche – il cammino verso una vasta consapevolezza delle opportunità di riutilizzare le materie impiegate nella produzione richiede tempo ed educazione costante. Ecco perché tiene a precisare che la sostenibilità è soprattutto un impegno di ciascun a produrre senza compromettere vita di chi viene dopo. Un impegno personale, di cui il nostro relatore si è fatto ambasciatore anche nelle scuole. Sciadini non ha mancato di criticare la svolta green e le ingenuità dei bilanci sociali di alcune imprese che giudica tutto sommato superati se non inutili. Importante l’analisi dell’azione delle grandi imprese di cui ha citato numerosi esempi nell’ambito dell’economia circolare che rischiano di battere il tessuto produttivo delle PMI e il ruolo della elettricità rinnovabile e delle auto elettriche, compreso il difficile recupero delle loro batterie.

 Non è la prima volta che si tenta un approccio industriale alla finitezza delle materie prime. E anche nella riunione di stasera si è parlato di future possibili disgrazie come la pandemia attuale. Ricordo gli anni settanta del Club di Roma, cui dette vita il manager FIAT Aurelio Peccei (1908-1984) con importanti scienziati, politici ed imprenditori. Il Club propose il Rapporto sui limiti dello Sviluppo (1972) dove per la prima volta si affermò che la crescita economica non potesse continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, specialmente petrolio, e della limitata capacità di assorbimento degli inquinanti da parte del pianeta. I produttori di petrolio, nella crisi del 1973, videro nel limite allo sviluppo un’apertura a una crescita dei prezzi del petrolio anche in funzione di regolazione della crescita onde impedire un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità industriale. A distanza di quasi 50 anni, invece, il mondo è ancora qua, il che non significa che non bisogna preoccuparsi ma semmai non perdere la speranza. E, a proposito, di ministri del petrolio si parla ormai pochissimo.