anno 2023 2024      

 

Friedman, Spence, Pizzocaro i tre premiati del Premio Columbus 2017 organizzato dal Rotary Club Firenze Est. Guarda il Video

Il Premio Columbus è uno dei momenti più significativi del calendario del Firenze Est. Porta con sé la soddisfazione di una grande manifestazione pubblica e qualche complicazione organizzativa che anche questa volta non è mancata ma soprattutto esprime il desiderio del Club di mantenere ed ampliare le relazioni transatlantiche in un quadro di volontariato della diplomazia che – senza nulla pretendere – getta ponti e stabilisce contatti al di là delle differenze.  Protagonista, insieme con Firenze, la città che con Vespucci ha dato il nome all’America, l’esempio di lavoro, intraprendenza e abilità dei premiati.

Due nuovi soci sono entrati stasera a far parte del Firenze Est, segno di un rinnovamento che quest’anno si sta manifestando in maniera significativa. A fianco del Club anche quest’anno il Comune e la casa di tutti i cittadini, Palazzo Vecchio, dove il Premio ha ritrovato il suo spazio. Numerosa la partecipazione aumentata anche dagli amici dei Club napoletani che condividono col Firenze Est i 50 anni di fondazione. Con loro una seconda riunione si è tenuta questa settimana, il 14 ottobre, dopo una memorabile visita a Santa Croce. E’ stato dunque un Columbus internazionale ma anche profondamente italiano e rotariano.

Può apparire strano – ha detto nel suo discorso il presidente F. Tonelli - che Firenze, che non ha un mare se non nelle opere degli artisti e degli artigiani come Cristina Acidini ci ha recentemente ricordato in una sua bellissima monografia (il mare di Firenze), faccia propria una celebrazione che in primo luogo spetta a Genova patria di Colombo. Ma la scelta di allora e di oggi è basata sulla storia dei grandi navigatori nati in Toscana che insieme a Colombo hanno contribuito a far conoscere le Americhe: Amerigo Vespucci, Giovanni da Verrazzano, Giovanni da Empoli. E non va dimenticato come siano stati fondamentali per l’ardito progetto di Colombo di conquistare l’oriente dalla via di ponente gli studi di un fiorentino, quel Paolo Toscanelli dal Pozzo, geografo e matematico che aveva impartito lezioni di geometria a Filippo Brunelleschi.

Le autorità comunali di allora ricordando il navigatore volevano quindi celebrare l’inizio dell’Era Moderna ed affiancare la scoperta di Colombo a quelle che nello stesso periodo tanti altri italiani, toscani e fiorentini avevano portato avanti nel campo delle arti e della scienza. Celebrare in una parola il Rinascimento di un tempo e la voglia che l’Italia rinascesse una seconda volta dopo la terribile Seconda Guerra Mondiale. Venne anche scelta questa cerimonia per assegnare un premio intitolato a Colombo a personalità che proprio nel campo delle scienze, delle arti, della letteratura e della cultura in genere avessero meritato e rappresentato un esempio da seguire e spesso si fossero fatte
promotrici di messaggi, azioni, comportamenti di amicizia tra America ed Europa. Tanti sono stati i premiati, talora anticipando riconoscimenti molto più importanti del nostro premio quale ad esempio il conseguimento del premio Nobel”. Continuando in questa tradizione sono stati premiati tre importanti personalità, apparentemente lontane tra loro per la disciplina nella quale hanno impegnato la loro vita, il loro ingegno, la loro passione, lontani anche per le origini:

Alan Friedman nato a New York, ma a lungo residente in Gran Bretagna ed in Italia, Michel Spence nato nel New Jersey, cresciuto in Canada e cresciuto a, Paolo Pizzocaro . Ma quello che accomuna queste persone ed ha giustificato la scelta della nostra giuria è lo stesso spirito che animò Colombo: la volontà di unire e non dividere. Il Governatore del Distretto rotariano Giampaolo Ladu era presente insieme con tanti Presidenti dei Rotary Club fiorentini e Presidenti e soci di due Rotary di Napoli l’Ovest e il Nord che come il nostro Club tra pochi mesi raggiungeranno i 50 anni dalla fondazione. In occasione del Premio è stato anche realizzato un service dedicato al restauro della cappella di Carlo Lorenzini posta nel cimitero delle Porte Sante a Firenze. L’intento è quello di fare visitare il luogo dove riposa il padre di Pinocchio a tutti coloro che hanno amato la storia del burattino ed il messaggio di speranza e di vita che lo accompagna. Attualmente la cappella è chiusa ed il restauro prevede innanzitutto il consolidamento delle mura di sostegno del camposanto. Il carattere simbolico che accompagna questo restauro è molto forte: risiede nella possibilità che bambini di tutto il mondo si sentano uniti ripercorrendo le avventure fantastiche di un loro simulacro e facciano del colle di San Miniato un simbolo di pace.

I premiati


Carlo Pizzocaro nato nel 1969 a Milano e laureatosi a Pavia in chimica organica dopo un lungo iter come AD di vari gruppi industriali è dal 2016 il giovane Presidente ed Amministratore della SPA Fidia Farmaceutica. Questa azienda nata a Bologna nel 1946 ebbe un notevole sviluppo negli anni 70 grazie alla collaborazione con la Georgetown University e con Rita Levi Montalcini che studiò i possibili effetti di un prodotto Fidia, il Cronassial. La Fidia Farmaceutici è una delle poche aziende italiane ad aver ottenuto questo tipo di designazione concessa dall’agenzia regolatoria americana a trattamenti innovativi in grado di curare patologie rare e prive di cure efficaci. La crescita dell’azienda ha reso necessario un secondo polo di attività produttiva e di ricerca che è stato situato a Noto in Sicilia, l’assunzione di mumerosi dipendenti con un incremento del 64% negli ultimi due anni e l’apertura di numerose filiali in particolare negli Stati Uniti d’America che sono diventate il maggiore paese di esportazione dei prodotti a base di acido ialuronico.

Il Professor Michael Spence è attualmente fellow dell’università SDA Bocconi dove insegna il corso di Developing Country Growth al Master in Business Administration. Dal 2010 è professore di economia alla New York University Stern School of Business. E’ senior fellow della Hoover Institution e Philip H. Knight Professor Emeritus of Management presso la Graduate School of Business della Stanford University. Nel 2001 il Professor Spence è stato insignito del Premio Nobel per l'Economia insieme a George Akerlof e Joseph Stiglitz per la sostanziale analisi dei mercati con asimmetria informativa. Il suo contributo principale è stato quello di mostrare, ai fini della riduzione delle asimmetrie informative, l’importanza dei segnali in mercati dove gli agenti hanno informazioni non simmetriche. Un esempio calzante è quello del mercato del lavoro, dove, al momento dell’intervista, il potenziale datore di lavoro nonconosce la reale capacità del candidato. Il prof. Spence è legato all’Italia anche personalmente, essendo sposato con Giuliana Ferraino, redattrice delle pagine economiche del Corriere della Sera.

Alan Friedman (New York, 1956) è un giornalista che ha scoperto l’America in Italia, spiegando l'America – come dice la motivazione - fa riscoprire l'Italia agli italiani. Non è un gioco di parole, ma la sintesi di questo premio, del riconoscimento a Friedman come esploratore della comunicazione, come giornalista, analista, osservatore attento sia del suo Paese, gli Stati Uniti, che del nostro. Un uomo che fa da ponte tra due realtà che fanno parte dell'Occidente, e che sono legate a doppio filo dalla storia. Ma che pure a volte si allontanano, non si capiscono, non si riconoscono per cultura, per mentalità, per carattere. Non ha mancato di strapazzare i connazionali ma anche gli italiani, perché troppo cauti davanti ai paletti imposti dall'Europa. Al tempo stesso ci ha invitati a credere di più in noi stessi, a smetterla di autoflagellarci. Descrivendo ancora l'Italia come il Paese più generoso e civile, nel quale si vive meglio. Nonostante tutto. 

 

L’orazione colombiana


Tre storie: una Storia
Prof. Zeffiro Ciuffoletti, Università di Firenze


Negli ultimi decenni la riflessione degli storici si è incentrata su due fenomeni antichi: il fenomeno delle civiltà e il fenomeno della globalizzazione. Tutti gli studi recenti identificano proprio l'Occidente come l'epicentro e il motore della globalizzazione: un fenomeno risalente all'inizio dell'età moderna e tuttora in corso, anche se c'è chi parla di fine della globalizzazione; ignorando, che si tratta di un fenomeno di lunga durata e in continuo svolgimento che ormai comprende protagonisti come la Cina o l'India, che da soli sfiorano i tre miliardi di uomini. Di questo processo, la globalizzazione, Cristoforo Colombo fu uno dei principali protagonisti perché pose in connessione l'Europa con il nuovo mondo. Siccome è stato l'Occidente il primo motore, occorrerà riflettere sul significato della civiltà occidentale, sulle caratteristiche storiche e l'estensione geografica.

Niall Ferguson, uno storico scozzese, che insegna negli Stati Uniti (oggi alla Stanford University e ad Harvard), nel 2011 pubblicò un importante volume intitolato nella traduzione italiana del 2012, Occidente. Ascesa e crisi di una civiltà. Il titolo originale era Civilization. The West and the rest , che contiene tutte e due le problematiche che ci interessano: quelle legate alla civiltà e quelle inerente al processo di globalizzazione con la relativa specificità della civiltà occidentale rispetto alle altre. Questa premessa per spiegare il titolo della mia relazione che parte da qui, da Firenze, come città simbolo dell'Occidente cristiano e della civiltà del Rinascimento per comprendere la civiltà europea e poi quella americana che dell'Europa è figlia, al di là di qualsiasi superficiale polemica sull'eurocentrismo e sulla civiltà occidentale.

Se qualcuno dubitasse ancora dell'esistenza di una civiltà occidentale, rifletta sugli attentati terroristici di segno islamista che da decenni colpiscono le città occidentali da Parigi a Londra, da Bruxelles a Barcellona, sino alle città del Nordamerica. Come non ricordare l'attentato alle Twin Towers e i suoi 3.000 morti, e le guerre iniziate e ancora in corso.

E poi le reazioni di massa dopo ogni attentato: “vogliamo vivere alla nostra maniera”, “vogliamo la nostra libertà, la nostra musica, le nostre abitudini, i nostri valori”. Questo è il coro unanime. Poi pensiamo ai giganteschi flussi migratori che sono diretti verso l'Occidente in percentuali altissime e non altrove. Se noi neghiamo, come alcuni fanno, la nostra civiltà, ci pensano gli altri a ricordarcelo. In primis i terroristi islamisti.
Nella Storia le civiltà nascono, crescono e decadano, o si trasformano perdendo identità. L'Occidente ha radici antiche che affondano nel mondo antico greco e latino. E' proprio a Firenze queste radici si riscoprono e si intrecciano fra l'età di Dante e l'Umanesimo. Ancora nel 1400 le civiltà orientali erano fiorenti: a Pechino il Grande Impero stava costruendo la Città Proibita e gli Ottomani stringevano d'assedio le città di Costantinopoli, capitale dell'Impero romano di oriente, che sarebbe caduta nel 1453. Addirittura, nel 1526 i Moghul islamici arrivavano a Delhi in India. Mentre l'Europa, devastata dalla Peste nera, era sconvolta e immiserita dalle guerre. Le più fiorenti regioni non erano grandi potenze, ma piccole città stato italiane: Firenze con i suoi mercanti – banchieri, Genova, Venezia, Pisa, Siena, poi Milano.
Queste erano città articolate in spazi complessi: piazze, strade, palazzi civici e cattedrali, quartieri operai, e caratterizzate dalle molteplici attività economiche: botteghe e fabbriche artigiane, scrivani, banche, mercati. I fiorentini furono definiti da Papa Bonifacio VIII, il quinto elemento dell'universo, dopo la terra, l'acqua, l'aria, il vento. Città simili a quelle italiane si trovano nelle Fiandre, nella Francia meridionale, e nel mondo germanico. Oggi queste funzioni ampliate e modernizzate si possono ritrovare a New York, la città del mondo, ma nella storia non si trovano nelle città islamiche definite da Carlo Ca[ ttaneo “caravanserraglio”, oppure città sacre, senza distinzione tra potere religioso e potere civile.
Se si guardasse alla storia con il taglio lungo si scoprirebbe che mentre le città-stato italiane ed europee, ricche e fiorenti, stavano per essere dominate dagli Stati nazionali nascenti, avvennero delle vere e proprie rivoluzioni che col tempo costituirono i fattori differenziali della civiltà cristiana d'Occidente rispetto al resto del mondo. La prima fu la “rivoluzione inavvertita” di cui parlò in un famoso saggio una storica americana, cioè la stampa a caratteri mobili inventata a Magonza da Johannes Gutenberg, e da lui utilizzata fin dal 1457 per pubblicare il Salterio. La seconda rivoluzione si riferisce allo sviluppo della tecnologia applicata alla navigazione e all'arte della guerra. Nel giro di pochi decenni si stamparono e circolarono in Europa milioni e milioni di libri nonostante il tentativo della Chiesa e del potere politico di limitarne la diffusione. Lutero utilizzò la stampa per diffondere la sua Riforma religiosa, se ne servirono anche Machiavelli, Galileo Galilei, Erasmo da Rotterdam, Spinoza, e molti altri. Idee scientifiche, filosofiche, teologiche, teorie astronomiche e politiche rivoluzionarie che si rivelarono pericolose per il potere. Tutto questo fece dell'Europa la fabbrica moderna del più prolifico capitale umano: la libertà di pensiero, la libertà religiosa, la riflessione sulla politica e la ricerca scientifica. Coloro che per cercare libertà, fra guerre intestine, processi e torture, intolleranze e repressioni, emigrarono nel nuovo mondo lo fecondarono con queste nuove idee. Purtroppo a fecondare il “nuovo mondo” fu anche il sangue degli indigeni piegati dai conquistatori, che aprirono nuovi orizzonti ai commerci e ai coloni europei. In Sudamerica Imperi plurisecolari in guerra perenne fra loro, cedettero alla superiorità della forza militare delle grandi navi e dei cannoni delle potenze europee. Ma nella stessa civiltà cristiana, in nome della quale si fece la conquista, si aprì la disputa sulla violenza e sulla schiavitù. Il dibattito delle idee, non cessò mai nemmeno davanti alla brutalità della forza e alla rapacità dei conquistatori. Non era possibile censurare le idee e i libri: come scrisse un famoso poeta inglese, era come mettere i recinti, per impedire ai corvi di entrare nei campi seminati.
Nonostante le guerre e le pestilenze la popolazione europea cresceva: dal 1450 al 1600 crebbe del 50%, e la popolazione urbana aumentò più di quella rurale. Nel '700 si arrivò in alcuni Paesi, come l'Inghilterra, al raddoppio. Mentre l'Europa si espandeva nel mondo, le convulsioni politiche in Inghilterra produssero la nascita del primo Stato rappresentativo moderno, poi la rivoluzione delle colonie americane, ed infine la rivoluzione francese. Era nata la politica moderna su basi liberali e democratiche in Inghilterra e in America del Nord, mentre le pulsioni giacobine e totalitarie piegarono la spinta liberale della rivoluzione francese. I diritti dell'uomo e del cittadino erano, tuttavia, proclamati anche se non universalmente accolti e accettati. Se ancora al tempo della battaglia di Lepanto (1571), alla fine del Cinquecento, fra il mondo turco-ottomano e quello cristiano non si era ancora aperto un differenziale militare apprezzabile, alla fine del Seicento (1683), dopo che erano stati respinti per due volte gli assalti per la conquista di Vienna, l'intero mondo islamico era ormai fermo rispetto al mondo cristiano, ancorché diviso e conflittuale.

Non può non far riflettere il fatto che sino al 1727 in Turchia non ci furono tipografie e libri stampati. Il libro era solo il Corano, e il resto non si stampava né circolava. La corporazione dei copisti, sostenuta dai religiosi, si oppose alla stampa e alla libertà di stampa. Il sistema di istruzione era in mano ai religiosi. Non vi erano accademie, né si manifestava alcun interesse per la scienza. Mentre l'Europa si rinnovava nei sistemi di produzione e di scambio, e nelle città si rinnovava la medicina per combattere le epidemie (nel Seicento si registrò l'ultima pestilenza), la Turchia continuò per tutto il Settecento a subire violente epidemie di peste, come quella di Salonicco nel 1718. Carestie estese cessarono in Europa alla metà del Settecento, ma non nel resto del mondo.

Per non parlare, infine, del dogmatismo religioso che aveva lacerato il cristianesimo sino alle guerre di religione e oltre, ma che perdurava nel mondo islamico che non conobbe l'Illuminismo. I musulmani facevano una differenza netta fra fedeli e infedeli e pretendevano che questi ultimi (cristiani, ebrei, indù), si riconoscesse la signoria di Allah pagando un tributo. A questo punto è chiaro che le civiltà, sono costellazioni assai complesse, ma la loro forza non sta, come si è detto, nell'uniformità e nel dogmatismo, ma nella conflittualità e nella libertà. Nella dialettica fra la sfera civile e quella religiosa, nella libera dialettica politica e sociale, nell'inclusione e nell'estensione della sfera deidiritti e poi nella costituzione dei meccanismi dello stato sociale per assistere i vecchi e i malati, le donne e i bambini. Nell'Ottocento si scoprì il valore e la stessa parola civiltà, della quale si fece anche un uso arrogante per giustificare il colonialismo. Poi le guerre mondiali, i totalitarismi, la Guerra fredda, appannarono il concetto stesso della civiltà occidentale.
Tuttavia proprio le due guerre mondiali rinsaldarono i legami, già forti sul piano sociale e culturale per via delle ondate migratorie, fra Europa e Stati Uniti. Anzi gli Stati Uniti, due volte vincitori, poterono rilanciare la visione generosa, a volte trionfalistica, delle democrazie e del libero mercato quali condizioni essenziali per rendere il mondo più sicuro attraverso istituzioni internazionali importanti, ma fragili. Uscendo vincitori per la terza volta con la fine della Guerra fredda, gli USA, a cui si legarono l'Europa occidentale, la Turchia e il Giappone, pensarono di rilanciare una versione del mondo fondata sulla democrazia, sul libero commercio, e sulla difesa dei diritti e della sicurezza dei cittadini in ogni parte del globo. Impresa troppo vasta e piena di contraddizioni e a volte viziata da arroganza e superficialità tanto da suscitare contrasti ideologici e rivolte, ma anche critiche radicali nella stessa società occidentale.
Poi, dopo aver troppo a lungo sottovalutato le spinte che fin dalla fine dell'Impero Ottomano avevano alimentato l'integralismo islamico e il rifiuto della dominazione e della cultura occidentale, accadde l'evento più traumatico dopo le grandi guerre del Novecento e il crollo del muro di Berlino: l'attentato terroristico alle Twin Towers avvenuto l'11 settembre 2001. Un atto di guerra a cui si rispose con la guerra. L'idea dell'occidentalizzazione del mondo legata alla globalizzazione s'infrangeva, mentre, persino in Europa, nei Balcani e poi nel resto del mondo si assisteva a una lunga serie di conflitti e di scontri sanguinosi sotto la spinta di atti terroristici, revival di scontri nazionalistici e guerre di
religione, sterminio delle minoranze etniche o religiose.
Sullo sfondo agivano fenomeni migratori giganteschi alimentati da guerre tribali, catastrofi climatiche, povertà. Il paradigma dello scontro di civiltà, perdurando la matrice islamica nei conflitti mediorientali e negli attentati terroristici in Occidente, andrebbe sicuramente disinnescato. Senza misconoscere però, i fattori etno-culturali e religiosi che hanno segnato la storia profonda delle diverse civiltà. In effetti, le civiltà sono conglomerati storici assai complessi e la democrazia liberale costituisce un modello non facilmente esportabile. E’ nostro dovere proteggere e rilanciare i valori e le conquiste positive, che fra mille tragedie, hanno accompagnato e arricchito la sua identità.

Oggi sono gli altri a ricordarci che i valori esistono e vanno difesi specialmente con le armi della ragione e del pensiero. Il soft power invece che l'hard power. Ma, ognuno, dovrebbe aver capito che non sempre è possibile anche se ogni sforzo dovrebbe essere diretto in quel senso.