In un momento cruciale della guerra in Ucraina, il gen. Bertolini ha svolto una analisi del teatro di operazioni e delle forze in campo valutando le diverse posizioni della Russia e del mondo occidentale, che si ritrovano nuovamente su sponde opposte, a oltre trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, quando parve che la storia fosse finita.
Il progressivo allargamento ad est della NATO, voluto da Paesi lungamente sofferenti sotto l’impero sovietico ed accettato dall’Occidente come naturale conseguenza degli eventi storici, ha determinato nella Russia un riacutizzarsi di una antica teoria di accerchiamento che ha riportato il grande Paese euroasiatico ad affacciarsi sui mari caldi con le medesime linee di espansione dell’antico Impero, anche verso il Mediterraneo, con le operazioni in Siria e una forte presenza verso il Nord Africa.
E’ in questo quadro che il possesso del Mar Nero diventa di nuovo fondamentale per la Russia che da dieci anni ha avviato, dapprima nel Donbass e in Georgia poi in Crimea, una politica militare di espansione ai danni dei Paesi nati dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Lo scorso febbraio – su ordine del Presidente Putin – l’esercito russo ha attaccato l’Ucraina, la cui posizione filo-occidentale era vista come un pericolo costante.
La solidarietà internazionale ha però bloccato i piani russi, sia in politica, col fallimento dell’entrata in una Kiev che doveva essere teatro di un golpe filorusso poi con un’invasione al sud-est rivelatasi terribilmente complicata per Mosca. Cosa accadrà il gen. Bertolini, che nelle sue analisi ha rappresentato la pericolosità della situazione in una “guerra che non è nostra” e che – senza un rapido negoziato – può risultare “una destabilizzazione totale impedendo lo sviluppo dell’Europa” che non avrà il “gas e la sicurezza” di prima.
Nel dibattito (interventi di Addario, Cobisi, Taddei, Diana, Spagli e altri) confronto tra punti di vista diversi, in un franco colloquio con il gen. Bertolini tra attualità e storia.