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Dignità dello studente, passione del docente, disponibilità effettiva di mezzi tecnici e aggiornamenti specifici. Queste in sintesi gli obiettivi dell’analisi che il prof. Rodolfo Cigliana ha esposto valutando l’esperienza della didattica a distanza, con cui le scuole italiane hanno cercato di sopperire al confinamento da Coronavirus. Cosa è mancato è sotto gli occhi di tutti. Indecisione e balbettii della politica che ha finito per confinare la scuola e i giovani dietro a un progetto non coordinato. Frequentare in epidemia sarebbe stato troppo rischioso ma il computer non è scuola al 100 per cento.

L’ISTAT, lo scorso 6 aprile, è stato chiaro. I ragazzi hanno poco spazio a casa e un terzo di loro non ha un vero accesso a internet, al computer o almeno a un tablet o smartphone. Il sovraffollamento abitativo – solo il 18,6 per cento delle famiglie hanno due o più computer - si è rivelato davvero un problema e – attenzione – gli studenti si son scoperti più diseguali, quasi un neo-classismo elettronico, tra chi ha e chi non ha. Eppure, altra statistica, il 72 per cento degli studenti sentiti in un sondaggio ama apprendere col computer anche se la voglia di studiare non aumenta, anzi.

Contraddizioni che il ministro I. Azzolina non ha fugato come del resto è ancora nel vago il ritorno a scuola a settembre, quando alla paura della malattia si sommeranno i rischi giudiziari perché l’Italia è fatta così, a scaricabarile. 8 milioni di studenti stanno per lo più in vecchi conventi, come accade ai licei classici fiorentini - con banchi e aule per lezioni tradizionali e parametri di edilizia scolastica fermi al decreto ministeriale 18.12.1975 che assegna a ogni studente delle superiori uno spazio in aula 1,96 metri quadrati, cioè 49 metri quadrati per 25 alunni con buona pace del distanziamento.

Così la sicurezza fa paura anche di fronte a elementari presidi, come le mascherine. In 280 gg. per 8.000.000 di studenti occorrono almeno 224.000.000 mascherine più quelle per gli insegnanti e il resto del personale. Ancora una avanti ognun per sé… Intanto, la notizia è di oggi, lo stesso ministro I. Azzolina annuncia in parlamento che i privatisti, dal 10 luglio dovranno sostenere una prova di idoneità in presenza ma l’esame vero e proprio lo faranno a settembre in data ancora da definire.

Anche da qui il nostro dibattito, protrattosi fino alle 20.30, ha sollecitato Rodolfo a importanti riflessioni che possiamo riassumere, con una frase recente del filosofo Cacciari, che criticando l’ingenuità informatica ha precisato come ‘’dare superficialmente per assodata l’intercambiabilità fra le due modalità di insegnamento – in presenza o da remoto – vuol dire non aver colto il fondamento culturale e civile della scuola, dimostrandosi immemori di una tradizione che dura da più di due millenni e mezzo e che non può essere allegramente rimpiazzata dai monitor dei computer o dalla distribuzione di tablet”.

Il nostro dibattito è ormai nazionale ma le carte geografiche del governo sono in tutta evidenza di un altro Paese.