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Il maestro Cecioni da tempo si dedica con passione alla ricerca storica su Firenze, di cui l’Arno è una componente essenziale. Nata nei pressi di un importante guado, la città ha avuto sin dall’antichità romana un rapporto complesso, vitale e talvolta mortale, con il su o fiume. Nei secoli XIII e XIV il fiumicel che nasce in Falterona è ormai inglobato nella città, stretto tra gualchiere, mulini e pescaie, attraversato da diversi ponti e inquinato dall’industria della lana. Insieme con le forti piogge, la situazione ambientale diviene un terribile amplificatore della piena che il 3-4 novembre 1333 travolge la città.

E’ l’alluvione più disastrosa che si ricordi ma sarà anche uno dei momenti di ripartenza della vita cittadina poiché molte opere pubbliche dovettero essere ricostruite in seguito all’evento e la coscienza dei cittadini verso il rischio alluvioni formare nell’opinione pubblica una maggiore attenzione al fiume che tuttavia, ogni cent’anni circa, si è preso la responsabilità di ricordare la sua forza ai fiorentini. C’è una cabala sulle alluvioni: l’anno a doppia cifra (1333, 1844, 1966) e la data (fine ottobre-primi novembre) per cui anche noi moderni guardiamo con apprensione i prossimi anni. I fiorentini di oggi, però, sembrano più consapevoli e soprattutto – con la costruzione del lago di Bilancino e delle aree golenali lungo il corso del fiume – godere di infrastrutture difensive. Ma l’attenzione non deve calare, come insegna la storia che abbiamo ripercorso questa sera.